Petrolio, stop a Ombrina mare 2
La Medoilgas chiede al ministero di sospendere la procedura di coltivazione
di Daria De Laurentiis
SAN VITO. La notizia arriva dalla pagina ufficiale del sito del Ministero dello Sviluppo Economico: Ombrina Mare 2 è pronta a interrompere la procedura di coltivazione del petrolio in mare. La richiesta di sospensione, datata 12 marzo, arriva dalla Medoilgas (Mediterranean Oli and Gas), società che puntava a rendere permanente la piattaforma petrolifera al largo della Costa dei Trabocchi.
Una struttura simile a quella che ha sversato nella acque antistanti la Louisiana milioni di barili di greggio, causando un immenso disastro ambientale.
La decisione della Medoilgas lascia quantomeno perplessi . La società inglese, dopo aver ottenuto l’approvazione tecnica del piano di sviluppo, rilasciata nel giugno 2008 dalla commissione Cirm del Ministero dell’Ambiente, aveva presentato poco dopo la valutazione di impatto ambientale ed era decisa a portare avanti il progetto di coltivazione del petrolio in mare. Il 2010 doveva essere l’anno decisivo per far partire la produzione di petrolio, stimata in 20milioni di barili a partire dal 2012. Invece, a marzo, la società ha chiesto al Ministero dello Sviluppo Economico «la sospensione della procedura di coltivazione in mare».
C’è chi, nell’ambiente delle associazioni che si battono contro la petrolizzazione dell’Abruzzo, spiega il dietrofront con la grave situazione economica in cui verserebbe società. Qualcun altro crede, invece, che le centinaia di osservazioni presentate contro il progetto siano riuscite a sortire effetto: il muro di proteste avrebbe dunque influenzato la recente mossa della società petrolifera inglese.
Potrebbe aver alzato il livello di guardia e consigliato la sospensione dell’attività di coltivazione anche quanto sta accadendo nelle coste della Louisiana. A largo degli Stati Uniti una piattaforma petrolifera, a causa di un incidente, ha sversato milioni di barili di greggio in mare.
La decisione della Medoilgas lascia quantomeno perplessi . La società inglese, dopo aver ottenuto l’approvazione tecnica del piano di sviluppo, rilasciata nel giugno 2008 dalla commissione Cirm del Ministero dell’Ambiente, aveva presentato poco dopo la valutazione di impatto ambientale ed era decisa a portare avanti il progetto di coltivazione del petrolio in mare. Il 2010 doveva essere l’anno decisivo per far partire la produzione di petrolio, stimata in 20milioni di barili a partire dal 2012. Invece, a marzo, la società ha chiesto al Ministero dello Sviluppo Economico «la sospensione della procedura di coltivazione in mare».
C’è chi, nell’ambiente delle associazioni che si battono contro la petrolizzazione dell’Abruzzo, spiega il dietrofront con la grave situazione economica in cui verserebbe società. Qualcun altro crede, invece, che le centinaia di osservazioni presentate contro il progetto siano riuscite a sortire effetto: il muro di proteste avrebbe dunque influenzato la recente mossa della società petrolifera inglese.
Potrebbe aver alzato il livello di guardia e consigliato la sospensione dell’attività di coltivazione anche quanto sta accadendo nelle coste della Louisiana. A largo degli Stati Uniti una piattaforma petrolifera, a causa di un incidente, ha sversato milioni di barili di greggio in mare.
Ora la marea nera sta raggiungendo la costa e causando una catastrofe nazionale. Un disastro ambientale enorme, che sarebbe ancora più grave di quello della Exxon Valdez, la nave che nel 1989 sverso tonnellate di greggio nelle acque dell’Alaska.
Intanto, anche dopo la notizia della sospensione della coltivazione, l’attenzione degli ambientalisti resta alta. «Si tratta di una sospensione», precisa Fabrizia Arduini, del WWF zona frentana e costa teatina, «non di un’istanza di rinuncia (come accaduto nel teramano per un permesso di ricerca di petrolio su terraferma, ndc), il che farebbe presumere solo uno stallo e non un’� effettiva rinuncia al progetto. Siamo contenti della notizia, ma non abbassiamo la guardia perché si tratta comunque di un progetto petrolifero tra i più devastanti per la costa teatina. Dopo l’e splorazione della Galloway, due anni fa, la Medoil aveva individuato una vena di petrolio al largo della costa tra San Vito e Ortona e aveva previsto per il 2012 la coltivazione del greggio utilizzando la FPSO, una piattaforma galleggiante di trasbordo e raffinazione del petrolio che avrebbe prodotto quasi 200 tonnellate di fumi inquinanti al giorno. Mentre in America le piattaforme devono stare ad almeno 150 chilometri dalla costa, la Medoil prevedeva di posizionare la piattaforma galleggiante a 11 chilometri dalla costa frentana, visibilissima in mezzo ai trabocchi».
VEDI ANCHE:
Nessun commento:
Posta un commento