Nell'anniversario della dedicazione della basilica romana, lanciata l'iniziativa di solidarietà per ricostruire l'antica chiesa di San Giovanni Battista di Mariaelena Finessi
«Ad Onna serve una presenza serena e incoraggiante» di Graziella Melina
«Sono tanti i paesi danneggiati dal terremoto e di cui non si sa nulla, come Santa Rufina, Roio Colle o addirittura San Gregorio che è andato distrutto. Non trov allora giusto che a queste situazioni non sia stata data la stessa importanza». L'abate Amedeo Passarello, da 5 anni parroco presso l'abbazia di San Giovanni Battista a Lucoli, esprime amarezza per quanto è accaduto a seguito del sisma che il 6 aprile ha colpito l'Abruzzo. Su alcune realtà i riflettori non si sono mai accesi: «La nostra abbazia ha subito numerosi crolli, tanto che la sacrestia e il chiostro sono stati dichiarati inagibili, eppure quella della parrocchia romana di Santa Maria in Trastevere oggi è la prima iniziativa di solidarietà che riceviamo».
L'occasione di incontro tra la comunità abruzzese di Lucoli – che riunisce 17 frazioni – e quella di Santa Maria in Trastevere è l'anniversario, il 15 novembre, della dedicazione alla Vergine Maria della basilica romana, «edificio fatto costruire nel 330 da San Giulio – spiega monsignorMatteo Zuppi, parroco a Santa Maria - sulla cosiddetta “taberna meritoria”», luogo di riposo per i soldati in congedo, «a sua volta eretta su una fonte d'olio», che nel 38 a.C. sgorgò dal pavimento facendo presagire un evento miracoloso tanto che «in questa giornata - conclude don Matteo -, a memoria dell'episodio celebriamo il sacramento dell'unzione ai malati».
Invitati nella Capitale, una quarantina di lucolani si fanno portavoce di un sentimento molto diffuso: riavere un luogo in cui pregare e trovare conforto. Ecco allora l'iniziativa dei parrocchiani trasteverini: dare il via ad una raccolta fondi, stimata intorno ai 5 milioni di euro, per la ristrutturazione dell'antica abbazia di San Giovanni Battista. «Si tratta di un prezioso complesso architettonico ed artistico risalente al 1077 ed inserito in tutti i percorsi turistici della regione ma, attualmente, escluso da qualsiasi progetto di ricostruzione», spiega Sabina Cavina, insegnante di Lettere originaria di Roma, che a Lucoli ha comprato casa dopo essersi innamorata di quei paesaggi incontaminati. «Ho sentito allora la necessità di intervenire – racconta - mettendo in piedi un blog con il quale far capire i problemi attraverso testimonianze dirette ed iniziative, il tutto in accordo con l'amministrazione comunale».
Non solo le case, dunque: i lucolani sono stati privati anche di un luogo di fede. La signora Emanuela si è trasferita a Lucoli 22 anni fa, lasciando il Nord Italia: «L'abbazia è il fulcro della comunità, i nostri figli crescevano e giocavano lì, e al sicuro da altre distrazioni affrontavano i problemi adolescenziali, mentre oggi è il centro commerciale il nuovo punto di aggregazione». Uno stato di fatto che in molti non riescono a concepire. «Senza contare - aggiunge Anita con voce sottile – che il ritorno all'abbazia serve anche a noi adulti perché altrimenti ci ammaliamo nello spirito».
Nell'attesa di riavere l'abbazia, si pensa ad una struttura alternativa: «La Caritas ha donato già a maggio 2009 un prefabbricato di 6 vani del valore di 650mila euro ma non si riesce a trovare il terreno anche perché l'area antistante il complesso monastico è stata considerata dall'ufficio tecnico comunale “ad espansione cimiteriale”». La ferita resta dunque aperta.
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